Ylenia, Michele e Leone, Badia Polesine (RO)
Io lavoro come impiegata in un'azienda legata alimentare e Michele fa l'operaio.
La prima volta che abbiamo parlato di matrimonio è stato in cima alla Tour Eiffel. Io, scherzando, ho guardato Michele e gli ho chiesto: “Non hai niente da dirmi?”. Ci siamo messi a ridere, poi non ne abbiamo più parlato. Fino alla sera del mio compleanno, l’anno scorso. Per festeggiare eravamo usciti con degli amici, e lì, a bruciapelo mi ha chiesto di sposarlo. Non me lo aspettavo proprio, è stato davvero il più bel regalo! Mi sono emozionata tantissimo e ho accettato subito!
Abbiamo così iniziato con entusiasmo i preparativi per il nostro giorno. Ci saremmo dovuti sposare il 6 Giugno 2020. Avevamo scelto proprio questa data perché per noi ha un significato speciale. Quando abbiamo capito che non sarebbe stato possibile festeggiare come ci sarebbe piaciuto abbiamo deciso di posticipare, ma prima di decidere un’altra data volevamo aspettare che tutto finisse. Nemmeno questo però è stato possibile; abbiamo capito che se volevamo sposarci senza rimandare a chissà quando, dovevamo fin da subito prendere contatto con tutti i fornitori e cercare di far combaciare la loro scarsa disponibilità. Non è stato facile, ci siamo ritrovati con ben poco da scegliere. Tutte le coppie che hanno dovuto rimandare il loro matrimonio si stanno muovendo per riorganizzarlo e tutti ovviamente vogliono farlo il prima possibile!
Ci siamo messi il cuore in pace. Un po’ di delusione c’è stata, ma poi è più forte la voglia di riiniziare! Abbiamo voglia di normalità, di tornare alla nostra quotidianità. Io, lavorando per un’azienda legata all’alimentazione, dopo il primo mese di quarantena, ad aprile, sono dovuta tornare al lavoro. È stato stressante, stare tutto il giorno con la mascherina e guanti addosso. Abbiamo dovuto gestire un carico di lavoro davvero impegnativo. Mi sembrava di vivere un po’ in un limbo: da una parte ero tornata a vivere la mia routine sul lavoro seppur con mille precauzioni e misure di sicurezza (per esempio non possiamo più fare la pausa pranzo tutti insieme come una volta, ma ci fanno entrare nella zona ristoro a scaglioni di poche persone), dall’altra però mi mancava questa sensazione di quotidianità nella mia vita fuori dal lavoro. Mi mancavano le nostre passeggiate della domenica, le piccole cose che magari prima davamo per scontate come andare a prenderci un gelato, vedere gli amici, le nostre famiglie.